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Marco Granelli

Lo sgombero di via Idro
 

Martedì 16 marzo - il Comune di Milano ha chiuso il campo nomadi di via Idro: il terzo campo nomadi autorizzato chiuso dalla Giunta Pisapia dei 7 che avevamo trovato nel 2011. E’ stato un percorso iniziato nell’aprile 2015, approdato in agosto a una delibera di Giunta che ha superato un ricorso al Tar e uno al Consiglio di Stato. Una chiusura che ha offerto a tutte le persone che vi dimoravano una vera alternativa: in 79 hanno accettato, distribuiti in diversi centri del Comune di Milano che offrono accoglienza temporanea e percorsi di inclusione sociale.

Leggo dichiarazioni di Corrado Passera, candidato sindaco del centrodestra, e di Riccardo De Corato, ex vicesindaco, sulla chiusura dei campi. Passera propone campi di transito per i nomadi che passano da Milano. Si informi meglio: i 7 campi nomadi autorizzati, che le giunte di centrodestra ci hanno lasciato, sono abitati da nomadi che lì sono dal 1980 circa, quindi poco 'nomadi' e certo non di passaggio. Noi siamo per chiudere i campi, non per aprirne di nuovi. De Corato dice che noi spostiamo solo le persone da un punto all'altro. Peccato che lui, in 13 anni di governo del centrodestra a Milano, di campi nomadi ne abbia chiuso solo uno, quello di Triboniano, e per chiuderlo abbia dato soldi alle famiglie (fino a 15 mila euro!) a patto che tornassero in Romania: non ci sono mai arrivate o sono tornate dopo pochi mesi. Noi abbiamo fatto diversamente: allontanamenti veri, con messa in sicurezza delle aree e riqualificazione, accoglienza per le famiglie con minori per una graduale inclusione sociale. Abbiamo così, in 3 anni, fatto 600 sgomberi di aree occupate abusivamente, 3 chiusure di campi autorizzati (via Novara, Martirano, Idro), messo in sicurezza circa 20 aree, accolto 1.345 persone nei Centri di emergenza sociale di cui 558 minori. Legalità, sicurezza, lotta al degrado e inclusione: con i fatti. Altri - De Corato e Passera - a parole o spostando il problema da un posto all'altro. Noi vogliamo continuare così: no alla vergogna delle favelas sì alla sicurezza e all'inclusione sociale.

La storia di Alina e Ionut


Alina e Ionut* si sono conosciuti in un campo Rom. Entrambi vengono dalla Romania e hanno alle spalle una vita difficile come quella di tanti giovani Rom che migrano verso l’Italia in cerca di fortuna. In particolare Alina: un matrimonio precoce, al quale è stata obbligata, e una storia di violenze e sopraffazioni. Ma quando si incontrano qualcosa cambia: entrambi vogliono una vita diversa e capiscono, innamorandosi e rispettandosi, di poterla avere insieme. Non è facile perché i condizionamenti culturali sono forti e loro non hanno soldi, non riescono a trovare lavoro e vivono in un campo. Quando gli operatori del Comune, in seguito allo sgombero del campo, offrono l’accoglienza in un Centro di emergenza sociale, Alina e Ionut sono gli unici ad accettare. Inizia a diventare più concreto il sogno di una vita diversa e si impegnano: Alina fa un tirocinio in una sartoria e Ionut frequenta dei corsi di formazione tecnica. In poco tempo riescono a passare in seconda accoglienza, in un appartamento gestito dagli operatori del Terzo settore che per il Comune si occupano dei progetti di autonomia. Le difficoltà non sono poche ma cominciano a lavorare, Alina fa la sarta e Ionut il custode in centri per richiedenti asilo. Dopo poco più di un anno Alina e Ionut hanno risparmiato il denaro necessario ad affittare un appartamento e cominciare una nuova vita, finalmente normale. Le storie come quella di Alina e Ionut non sono poche, anche se non fanno notizia. Discriminazione e eccesso di assistenzialismo nei confronti delle comunità Rom fanno ancora molti danni, ma Alina e Ionut e tutti quelli che ancora sono sulla strada del cambiamento, ci chiedono di continuare sulla strada della vera inclusione sociale. A noi non deluderli.

*Alina e Ionut sono due nomi di fantasia per proteggere l’identità dei veri protagonisti di questa storia

Rom, Sinti e Caminanti. Strategia, azioni e numeri dell’intervento del Comune di Milano 2013 - 2015
 

Nel 2012, per la prima volta, il Comune di Milano si è dotato di un piano organico per la gestione delle problematiche che riguardano Rom, Sinti e Caminanti. Si tratta di linee guida fondate su tre principi: chiudere i campi perché luoghi di marginalità contraddistinti da gravi condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza per i cittadini e per chi ci vive; realizzare per le persone percorsi concreti di uscita da situazioni di degrado; impedire il riformarsi di insediamenti spontanei mettendo in sicurezza le aree e, se appartengono a privati, convincendo i proprietari a mettere in opera barriere, recinzioni e quanto necessario. Il contrasto alle occupazioni abusive ha visto 600 interventi di allontanamento in 3 anni, con il recupero di più di 20 aree trasformate negli anni in favelas, la loro pulizia e messa in sicurezza (come a Muggiano). Gli interventi, realizzati dalla Polizia Locale a volte con il supporto della Polizia di Stato, sono sempre preceduti dal progetto di messa in sicurezza dell’area e dai contatti degli operatori sociali per proporre l’immediata accoglienza per le famiglie con minori. Per questo sono stati realizzati con fondi governativi due Centri di Emergenza Sociale (che contano oggi 280 posti), tre Centri di Autonomia Abitativa (220 posti) e il Villaggio Martirano (100 posti), gestiti da enti del Terzo settore in collaborazione con la Protezione Civile. I centri hanno l’obiettivo di promuovere l’autonomia dei singoli e delle famiglie attraverso progetti di integrazione e la frequenza scolastica dei minori. Dal 1 aprile 2013 al 31 dicembre 2015 nei due Centri E.S. sono state temporaneamente accolte 1.345 persone di cui 558 minori (41,49%) provenienti da sgomberi di occupazioni abusive di aree o edifici dismessi (1.038) e case popolari (307). Ne sono uscite 1.040, di cui 534 (51,3%) con positivi percorsi di inclusione sociale in strutture abitative, pubbliche, del terzo settore e private. Il 98,4% dei bambini in età scolare è iscritto a scuola con una frequenza del 70%. Inoltre il Comune ha attivato 114 borse lavoro per persone adulte di etnia Rom inserite nei percorsi di inclusione sociale; di queste a oggi 50 si sono trasformate in contratti di lavoro. Una strategia, un modello, risultati concreti per affrontare un tema troppe volte dimenticato o strumentalizzato.
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